Grande successo ha riscosso l’incontro a tema organizzato dal sodalizio che affianca e sostiene Ravenna FC 1913, svoltosi ieri, nel corso del quale è stato consegnato al tecnico del Bologna il Premio “Non è un Pallone per vecchi”

 

E’ stato reso noto il Decalogo Etico del Calcio Giovanile

 

Da una torre pendente all’altra. Nella cornice di Sala D’Attorre, sotto la caratteristica torre cittadina, davanti ad una buona cornice di pubblico (oltre cento le presenze, tra cui i vertici dell’Associazione Ravenna FC, una delegazione del Ravenna FC, l’assessore allo sport del Comune di Ravenna, Roberto Fagnani, il presidente della Fipav provinciale Mauro Masotti), Roberto Donadoni, attuale tecnico del Bologna, è stato il grande protagonista della serata organizzata dall’Associazione Ravenna FC, nel corso della quale, oltre a dare un importante contributo con la sua testimonianza allo sviluppo del tema della serata, “Il calcio ai tempi dei social”, ha ricevuto il 2° Premio “Non è un pallone per vecchi”, il riconoscimento annuale che l’Associazione Ravenna FC attribuisce annualmente ad un personaggio del mondo calcistico maggiormente in grado di valorizzare i giovani, trasmettere loro equilibrio e passione, difendendone le aspirazioni e dando loro modo di esprimersi al meglio in campo e fuori.

Con la conduzione di Marco Piccaluga, giornalista di SkyTg24, si sono alternati gli interventi della dottoressa Valentina Belli, psicologa-psicoterapeuta; del dott. Guarino Bernardi, vice-presidente dell’Associazione Medico Sportiva di Ravenna; di Fabio Bianchi, giornalista de La Gazzetta dello Sport; e dell’ex calciatore professionista Eraldo Pecci, oggi scrittore e commentatore televisivo – ognuno dei quali, nell’ambito del proprio ambito professionale, ha fornito una chiave di lettura e riflessione sull’invadenza e la presenza ingombrante dei social nella vita quotidiana di ognuno di noi e dei giovani calciatori.

Per la dottoressa Valentina BelliLa cassa di risonanza dei social è elevatissima, e i social fanno indubbiamente aggregazione ma spesso – è la sua denuncia – si confonde la realtà virtuale con quella reale e se non li si usa bene diventano disgregazione, frustrazione. C’è chi usa i social solo per ‘postare’ cose inerenti la propria attività professionale, avendo un riconoscimento molto chiaro del privato, e chi invece insegue la corsa ai ‘mi piace’, usa i social per rendersi visibile”.

Per il dott. Bernardi, l’ideale è “governare il progresso, non dominarlo. Per la mia attività, ho a che fare giornalmente con giovani calciatori dai 12 ai 18 anni e con i loro genitori ed è incredibile notare come, in sala d’attesa, pur essendo tutti lì ed essendo anche compagni di squadra, stanno a testa bassa sui loro smartphone o cellulari, interagendo solo con la loro tecnologia”.

Fabio Bianchi ha portato la sua esperienza di giornalista e cronista, passato dai tempi in cui “si riusciva ad andare a cena con i giocatori o con gli allenatori, considerandoli amici, mentre oggi i giocatori sono protetti, blindati, parte di un sistema calcio, che è un sistema chiuso. E spesso per avere loro dichiarazioni o per avere notizie, anche in tempo reale, ti devi affidare ai social, ai loro tweet, che sono un’affermazione del loro carattere, ma spesso anche fonte di notizie in tempo reale”.

Per Eraldo Pecci, brillantissimo come al solito quando racconta aneddoti della sua carriera, “sono molto diversi i tempi. Io faccio parte ancora di quella generazione che ha un telefonino normale – e mostra un cellulare dei primi modelli –  però il mondo è andato avanti; il progresso va benissimo ma bisogna farne il giusto uso. Mi inquieta un po’ – dice ridendo – sapere che mia moglie oggi, con la tecnologia dei social, può essere informata del fatto che sono da tutt’altra parte rispetto a quello che le avevo detto”.

E poi lui, Roberto Donadoni, che ha portato in sala tutto il suo spessore umano, la sua umiltà, la sua capacità di non andare mai oltre le righe e la sua grande esperienza da ex calciatore e da allenatore. “Non sono un promotore delle multe per chi usa il telefonino in modi e luoghi non appropriati, ma sono uno di quelli che ha piacere di vedere rispettate regole e orari e che ha piacere di vedere nel suo spogliatoio ragazzi che si guardano in faccia, si parlano, interagiscono e non che siano divisi dai loro telefonini. Credo che della tecnologia e dei social si debba fare un uso giusto e corretto, senza abusarne. I giovani di oggi sono sicuramente più avanti rispetto alla mia generazione, ma sono anche più volubili e, quando si trovano davanti ad una difficoltà, si sottraggono alla responsabilità, si allontanano dall’ostacolo”.

 

Nel corso della serata, infine, è stato reso noto dal presidente dell’Associazione Ravenna FC, Ermanno Cicognani, il Decalogo Etico del Calcio Giovanile, che esprime le linee guida che devono ispirare i comportamenti di tutti coloro che frequentano il mondo del calcio adolescenziale,

e rappresenta il modello culturale e l’insieme delle regole di condotta che servono a perseguire gli obiettivi educativi di cui l’Associazione Ravenna Football Club si fa promotrice, nonché i principi e i valori che il mondo del calcio ha urgenza di condividere ed adottare per tutelare la propria immagine.

 

Ecco i dieci punti:

  1. Si gioca a calcio per divertirsi. In assenza di lealtà e rispetto assoluto delle regole, non è possibile divertirsi.
  2. La sconfitta, l’accettazione dignitosa della stessa, è l’unico strumento esistente per convalidare e apprezzare ogni tipo di vittoria.
  3. Il rispetto compagni di squadra, degli avversari, degli arbitri e delle loro decisioni, di istruttori e degli spettatori costituisce l’unica garanzia di successo.
  4. Ogni forma di razzismo, doping, corruzione, violenza sono inaccettabili, vanno denunciati e devono determinare l’esclusione immediata di chi se ne fa portatore.
  5. Nello spazio compreso nell’ambito del campo di calcio, i genitori delegano totalmente agli allenatori/istruttori il ruolo di educatori e si impegnano a non interferire in alcun modo (pubblicamente o privatamente) nel lavoro degli stessi.
  6. Allenatori/istruttori hanno l’obbligo di perseguire i loro obiettivi educativi, nell’assoluto rispetto della personalità di ciascun giocatore, evitando fanatismi e manifestazioni pubbliche di insofferenza, mantenendo al centro della loro attività il vero scopo di ogni attività sportiva giovanile: il divertimento.
  7. Atleti, allenatori, dirigenti, genitori, hanno l’obbligo di assistere, assecondare e aiutare coloro che hanno difficoltà di inserimento, dovute a motivi di estrazione sociale, razza o di differenti capacità.
  8. Ogni discriminazione basata sul sesso, sulle razze, sulle lingue, sulle condizioni personali e sociali, sul credo religioso e politico deve essere condannata sul nascere e deve comportare l’espulsione dall’ambito sportivo di chi se ne renda protagonista.
  9. L’insulto verbale, al pari della violenza fisica, sono banditi da qualsiasi ambito legato all’attività sportiva: terreno di gioco, tribune, spogliatoi, spazi comuni. A chiunque se ne renda responsabile deve essere negato l’accesso all’ambito sportivo.
  10. Il calcio è un patrimonio di tutti. Il calcio è sinonimo di creatività, libertà di espressione, onestà, semplicità, amicizia e crescita personale. Mancando anche solo una di queste premesse, il calcio tradisce la sua ragione principale, il divertimento.