Giulio Pastecchia, responsabile del vivaio giallorosso, traccia il bilancio della sua prima stagione: tra nuovi metodi di lavoro, collaborazione con il territorio e attenzione alla formazione, il Ravenna getta le basi per un progetto solido e duraturo.
Siamo arrivati alle battute finali della stagione. Che bilancio fai della tua prima esperienza a Ravenna, partendo dal punto di vista personale?
Dal punto di vista personale è stata un’annata positiva e formativa. Arrivavo da un contesto completamente diverso, quindi inserirsi velocemente e comprendere le dinamiche interne al club e quelle del territorio non era scontato. C’è stato un naturale periodo di adattamento, ma con il tempo, anche grazie alla condivisione degli obiettivi con la società, abbiamo iniziato un percorso strutturato. Lavoriamo sia su traguardi a breve termine che su obiettivi più ampi, con l’idea di costruire basi solide per riportare il settore giovanile del Ravenna ai livelli che merita. Ravenna è una piazza che ha storia, passione e respira calcio: è una sfida stimolante.
Su quali obbiettivi si è focalizzato il suo lavoro?
Abbiamo individuato due macro-obiettivi: il rafforzamento dell’ambiente interno e il rilancio del rapporto col territorio. Internamente, l’obiettivo era strutturare staff con una visione innovativa e introdurre una metodologia di lavoro completamente nuova, coerente e condivisa, creando un filo conduttore tecnico e formativo. Volevamo creare un sistema che potesse generare continuità e crescita, ponendoci obiettivi periodici. All’esterno, invece, abbiamo puntato molto sul dialogo con le società del territorio. Ravenna ha un bacino di realtà dilettantistiche molto ricco, e abbiamo voluto attivare un rapporto di conoscenza, collaborazione e scambio. Questo lavoro ci sta permettendo di creare un ambiente favorevole alla crescita, non solo sportiva, ma anche educativa.
Che ambiente ha trovato a Ravenna sia dal punto di vista territoriale che di società?
Sicuramente la posizione geografica ci mette a confronto con realtà ben strutturate e storicamente solide. Ma il nostro focus, fin da subito, è stato su di noi: su ciò che siamo e su ciò che vogliamo diventare. Non possiamo e non dobbiamo rincorrere modelli esterni, ma costruire il nostro percorso in base ai nostri obiettivi e potenzialità. Ho trovato un territorio ricettivo: in questi mesi ho incontrato molte società della zona, e c’è stata grande disponibilità al dialogo. La nuova proprietà ha dato un’immagine forte e chiara, ma ora sta a noi consolidarla coi fatti. E lo stiamo facendo, costruendo relazioni, visitando club anche fuori provincia, perché crediamo che la crescita nasca dal confronto, dalla condivisione e dal rispetto reciproco.
Quali sono le maggiori soddisfazioni raccolte in questa prima stagione?
La soddisfazione più grande è vedere il percorso di crescita, tangibile, dei ragazzi. Abbiamo introdotto un nuovo approccio metodologico, che inizialmente ha richiesto tempo per essere assimilato, ma che oggi inizia a dare risultati concreti. L’ambiente è più professionale, i ragazzi sono più consapevoli, motivati e coinvolti. Le tante convocazioni in rappresentative provinciali e regionali, la partecipazione di alcuni ragazzi al Torneo delle Regioni in Sicilia – come Magnosi, Venturi, Tesselli e Cortesi – sono segnali che stiamo lavorando nella giusta direzione. Per noi, in questo primo anno che abbiamo definito osservativo-valutativo, più dei risultati sportivi, che comunque a mio modo di vedere hanno una valenza formativa importante se raggiunti attraverso saldi principi, conta il percorso: formare calciatori e persone in grado di affrontare con maturità e ambizione le sfide future.
Quali invece le criticità?
La principale criticità riguarda le strutture, ma non è un problema che riguarda solo Ravenna: purtroppo è una carenza diffusa nel contesto italiano. Gli impianti a disposizione non sono ancora all’altezza di quanto sarebbe necessario per competere con società più strutturate come Cesena, Bologna o SPAL. Per colmare questo gap è fondamentale investire in infrastrutture adeguate. La proprietà ha dimostrato grande sensibilità su questo fronte: ha già investito e continuerà a farlo con determinazione. Ogni giorno ci confrontiamo con i direttori per pianificare interventi concreti. È chiaro che strutture moderne aiutano in modo decisivo la crescita tecnica e organizzativa, ma credo anche molto nella cultura del lavoro: se trasmetti serietà e professionalità, puoi creare valore anche in contesti meno attrezzati. Detto questo, migliorare gli spazi resta un passaggio obbligato per poter fare un vero salto di qualità.
Oggi il calcio tende sempre più a valorizzare talenti precoci. Vedi nei vostri ragazzi qualcuno che possa davvero affacciarsi presto alla prima squadra?
L’obiettivo comune è portare più ragazzi possibili del nostro vivaio in prima squadra. Preferisco parlare di attitudine più che di talento: il talento è solo una parte, sicuramente importante, che va coltivata. Servono però impegno, cultura dell’allenamento, consapevolezza dei propri mezzi e voglia di migliorarsi giornalmente. Alcuni ragazzi mostrano queste caratteristiche e, se continuano su questa strada, potranno togliersi grandi soddisfazioni. L’obiettivo è avere un settore giovanile che lavori in continuità verticale con la prima squadra, e su questo stiamo investendo tanto.
Guardando al futuro, quali sono i pilastri su cui lavorerete per la prossima stagione?
Due saranno i punti centrali: strutture e formazione. Sul primo aspetto, come detto, la società è già al lavoro per programmare interventi concreti. Sul fronte della formazione interna, vogliamo allargare gli staff e offrire continue competenze ai ragazzi. Quest’anno abbiamo già organizzato momenti formativi coinvolgendo varie aree: sono stati incontri preziosi, che vogliamo ampliare. Più cresce la qualità dell’ambiente, più cresce il valore del percorso formativo dei ragazzi.
Come risponde il settore giovanile giallorosso riguardo al senso di appartenenza?
Il senso di appartenenza e l’attaccamento alla maglia è cresciuto insieme alla professionalità che abbiamo portato all’interno del settore giovanile. Lo vediamo in molti ambiti: i ragazzi partecipano numerosi alle partite casalinghe del Ravenna, accompagnano i giocatori in campo, indossano con orgoglio la divisa sociale. C’è un clima bello, coinvolgente, in cui si sente forte il desiderio di far parte di qualcosa. Anche chi arriva da fuori ha grandi stimoli a poter indossare la maglia del Ravenna. Questo, per me, è il segnale più chiaro che stiamo costruendo un’identità forte, basata su valori, trasparenza e visione.
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