Quella di Imola è stata una partita speciale per Davide Mandorlini. Il difensore centrale del Ravenna ha, infatti, disputato la centesima partita di campionato con la maglia giallorossa, primo giocatore del nuovo corso targato Ravenna FC e 67° della storia. A quota 100 ha agganciato Lamberto Zauli; giocasse tutte le restanti 14 partite, raggiungerebbe Lorenzo Rossetti, ovvero l’ultimo giallorosso a tagliare questo traguardo nella stagione 2010/11.

Cento partite, divise in tre momenti: l’esordio in B il 27 maggio 2001, il tribolato anno di D 2011/12 e l’attuale corso iniziato tre annate fa, con il primo campionato di Eccellenza. Cento partite scandite da un’esaltante promozione, l’unica della sua carriera, e da sette reti segnate.

Non posso che essere orgoglioso e felice di questo traguardo. Da ravennate, da giocatore cresciuto nel Ravenna, con tutta la trafila nel settore giovanile, da chi ricorda le tante domeniche vissute da bambino a fare il raccattapalle al Benelli, un traguardo così mi fa un grande piacere. E’ ancora bello essere qui a giocare in questa squadra; ho girato tanto nella mia carriera calcistica, ma Ravenna è sempre stato il mio punto di riferimento. Poi, certo, quando arrivi a giocare 100 partite nella stessa squadra cominci a pensare che il tempo sta passando e che si sta diventando vecchi”.

Partiamo dall’inizio, dall’esordio: 10’ o poco più di un Ancona-Ravenna al tramonto di quella B con gli ultimi sussulti di un club ormai avviato al fallimento. “L’esordio rimane sempre tale, poi in B a 17 anni…. Non ti fa neanche dormire la notte prima, hai le farfalle nello stomaco dalla tensione e dall’emozione. Quello spezzone ad Ancona però lo ricorderò per tutta la vita. La mia carriera è iniziata lì, il mio sogno è diventato il mio lavoro”. Poi il ritorno a casa, dopo un lungo cammino tra B e C. “Mi chiamarono per disputare la Lega Pro, perchè così sembrava in estate. Poi ci trovammo a disputare la D, decisi di rimanere comunque perchè conoscevo la piazza, c’era l’ambizione di vincere, il mercato estivo era stato di buon livello. La realtà si è rivelata ben presto un’altra”.

Quei due fallimenti societari sono due scomodi ricordi. “Il primo l’ho vissuto da aggregato alla prima squadra visto che giocavo in Primavera quell’anno. Assistetti ad una continua girandola di giocatori e di allenatori. Quella squadra non era neanche male, aveva giocatori di una certa esperienza e caratura, ma finì per accusare il contesto societario nel quale si muoveva. Il secondo l’ho vissuto e patito per intero. A dicembre iniziò il fuggi fuggi generale. Sono rimasto perchè avevo e ho un grandissimo rapporto con Giorgetti, non me la sono sentito di lasciarlo solo e di abbandonarlo. Pentito della scelta? Col senno di poi, potessi tornare indietro alcune cose non le farei più, perchè le scelte a volte ti condizionano una carriera; ho sbagliato, ad esempio, ad andare via da Perugia, ma penso che alla fine il destino era questo; potevo fare forse qualcosa di più ma sono contento di quello che ho fatto, e ripeto essere a Ravenna per me è stato ed è motivo di grande gioia”.

Ma c’è anche la pagina bella della promozione nel Mandorlini atto terzo. “Ho provato una grande soddisfazione. Quando vinci nella tua città, con la maglia della squadra della tua città, in campionati dove tutto è reso più difficile dal fatto che tutte le avversarie ti vogliono battere perchè sei il Ravenna, ti gusti fino in fondo il successo. E’ stata dura ma ce l’abbiamo fatta, avremmo anche potuto soffrire meno ma a Ravenna non è facile vincere come altrove. Ora inseguiamo un altro traguardo: la permanenza in D. Anche il pareggio di domenica ci ha confermato che non abbiamo paura di nessuno, che possiamo giocarcela con tutti, che siamo nel pieno di un percorso di crescita che ci porterà lontano, e dietro c’è una società che sta lavorando seriamente per consolidarsi e garantire buone basi per il futuro”.